Creando “La donna sdraiata”…

La cartapesta è un modo economico e alla portata di tutti per fare arte, ovvero per comunicare un emozione, uno stato d’animo, un pensiero… insomma qualcosa di noi. Questo messaggio assume una vita propria e una propria esistenza nelle tre dimensioni, con la possibilità, a volte, di raggiungere i posteri, di lasciare una traccia del proprio passaggio, di risuonare con nuova vita e nuove emozioni. 

Basta poco: della carta di giornale (tanta!), un po’ di carta igienica  (perché si sa… in bagno manca sempre!), del cartone, di varie misure e spessori, forbici, cutter, rete metallica flessibile, tenaglie e pinze, farina e acqua (per creare la famosissima colla di farina, low cost ma naturale e di grande resa!).

E poi non può mancare la fantasia e la voglia di giocare.

Oggi per esempio, lavorando in un piccolo gruppo per creare una scultura di grandi dimensioni, sono bastate due menti giocose e bizzarre per creare un opera d’arte. 
Tutto è nato così: “Facciamo una donna sdraiata?” “Eh seeee, modelliamo la rete su una ragazza adesso!?!” “Perché no…” Ed ecco che la nostra modella si presta con temerarietà a essere avvolta, avvinghiata, imprigionata nella rete.

Iniziamo quindi a prendere confidenza col metallo per plasmarlo, inizialmente con qualche difficoltà, sul corpo della nostra compagna per ricavarne la sagoma, il più aderente e realistica possibile. Le curve prodotte dal corpo rannicchiato non sempre sono facili da seguire, ma dopo un po’ di tentativi diventiamo esperti nella modellazione. Ecco lo scheletro, la prigione! Il Ka, ovvero, il doppio della nostra modella.

La colla è pronta, calda, a volte un po’ grumosa (non siamo ancora proprio abili in questo processo alchemico), ma funziona! La cominciamo a stendere sui fogli di giornale riciclati che poi adagiamo sullo scheletro metallico. Un primo strato, poi un secondo, e la scultura prende forma, la donna sdraiata prende vita lì davanti a noi.
Che emozione! Entusiasmo! Rispecchiarsi nella bellezza di questa scultura. Lavoriamo freneticamente nell’apporre strati su strati, infervorati dalla curiosità e dal piacere di creare e la stanchezza non si percepisce neanche. Arriva il momento di apporre un ultimo strato con la carta igienica, stiamo creando una mummia!! Questo è un passaggio finale necessario per dare una uniformità di colore all’opera prima di pitturarla.

Ora dobbiamo solo aspettare, aspettare che si asciughi l’acqua e si solidifichi la cartapesta.

Anche utilizzando materiali poveri è possibile dare spazio al proprio mondo interiore, alle emozioni, creando uno spazio trasformativo. E’ possibile lavorare con l’immagine del proprio corpo, col corpo stesso che danza nelle diverse fasi di creazione e con le immagini ed i colori quali simboli archetipici del subconscio.

Alla fine, a parte un po’ di stanchezza fisica, ti senti rinvigorito nell’animo, arricchito e ne gioisci.


Questa è l’arteterapia, questa la capacità della tridimensionalità, un modo per conoscere se stessi attraverso la propria creatività e il gioco.

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