Q’eros e Pranoterapia

Oggi vorrei proporvi uno sguardo integrativo e di confronto tra il Riequilibrio Energetico ispirato alle antiche conoscenze andine dei Q’eros e la Pranoterapia.

Q’eros e Pranoterapia visioni a confronto

qerosI Q’eros, essendo una tradizione che potremmo definire sciamanica, vedono la vita come frutto di relazioni maturate tra diverse entità vive e spirituali. È una visione animista, ovvero che riconosce uno spirito (o anima) in tutte le cose. Abbiamo così la Pachamama (Madre Terra), gli Apu (gli spiriti guardiani delle montagne), le Nustas (le principesse), Padre Sole, Padre Vento, Madre Acqua e così via. La salute di una persona dipende, quindi, dalla relazione che intratteniamo con questi spiriti di Natura e del Cosmo.

Nelle discipline energetiche invece raramente avremo una visione animistica della realtà. Ciò nonostante si riconosce un assunto: tutto è energia. Se consideriamo la nostra salute, infatti, essa dipende dal modo in cui ci relazioniamo con l’energia dentro e fuori di noi e da come la lasciamo scorrere.

Tra una visione animistica e una energetica non ci sono grosse differenze, potremmo dire che la prima racchiude la seconda. Possiamo immaginare queste potenze (o divinità) come rappresentazioni archetipiche di differenti qualità ed energie.

Riequilibrio Energetico Q’eros

Se vado ad analizzare, poi, nello specifico la pratica di guarigione andina, non posso dire che sia una pratica pranica; però posso affermare che al suo interno ci siano dei momenti in cui, con le mani, vengono richiamate e canalizzate energie sottili su alcuni punti specifici del corpo.

Non voglio soffermarmi troppo sul riequilibrio energetico ispirato alla tradizione andina, che ho già spiegato e lo puoi leggere qui, ma voglio ricordare alcune cose. Lo scopo di questo trattamento è risvegliare la profonda connessione con la Pachamama. In altre parole, è un trattamento che ci aiuta a ristabilire il nostro radicamento, senza il quale siamo persi.

Radicamento

riequilibrio energetico Immagina una pianta: ha bisogno della Madre Terra, perché da lei trae nutrimento e, secondo ayni (la legge di reciprocità), offre in cambio le sostanze di scarto.

I maestri cinesi dicono che noi, come le piante, siamo un ponte tra terra e cielo e, come tale, partecipiamo dello scambio di reciprocità energetica che avviene tra questi due poli: padre e madre cosmici. Quanta risonanza tra due culture così lontane!

Quando eseguo questo trattamento sciamanico, la prima cosa che faccio, dopo una pulizia energetica, è richiamare le energie archetipiche della Pachamama, degli Apus, delle Nustas e dei 4 elementi, per metterle in comunicazione all’interno del nostro corpo. Ecco che allora uso le mani per connettere le energie tra i diversi centri energetici che, i maestri Q’eros, chiamano nawi (occhi).

Nawi e Chakra

Anche nelle terapie praniche si usano le mani per accumulare, dirigere o, a volte togliere, energia dai chakra che sono centri di energia secondo la visione yogica (di riferimento). È interessante considerare anche che tra nawi e chakra ci sono dei punti in comune. Nei miei studi ho riscontrato come in tutte le tradizioni spirituali esistano dei centri, portali e scambiatori di energie che si dispongono idealmente lungo l’asse della colonna vertebrale. Possono differire per numero, ma la sostanza cambia poco.

Il trattamento Pranico

trattamento pranicoSe osserviamo un trattamento pranico, anch’esso avviene seguendo un iter che può delinearsi attraverso una pulizia energetica iniziale seguita da un apporto e ridistribuzione dell’energia di cui il terapeuta si fa canale.

È anche interessante osservare da dove il terapeuta attinge questa energia. Chi fa Reiki parla di un serbatoio Cosmico di energia che viene canalizzata; con Ilahinoor ci connettiamo a un campo morfogenetico terrestre, potremmo dire la Pachamama; il Pranoterapeuta, anche se normalmente si sostiene utilizzi la propria energia, se è in gamba si connette, anche lui, a sorgenti energetiche come per esempio il sole. Un Paqo andino richiama proprio queste energie!

L’uso della misha

Un’ultima differenza sostanziale è che mentre il pranoterapeuta utilizza solo le mani, o in alcuni casi un cristallo, per svolgere il trattamento, il Paqo fa spesso ricorso a un oggetto chiamato misha. La misha è lo spazio sacro del praticante andino racchiuso in un fagotto. Questa particolare disposizione, sviluppata anche per motivi di sopravvivenza, ha trasformato lo spazio sacro in un oggetto di potere molto versatile.

Le mie conclusioni

Quello che vorrei raccontarvi, confrontando queste due discipline diverse ma vicine è che nella mia esperienza tutto ciò che ho appreso e sperimentato è diventato un tassello importante della mia pratica. Come dice una cara amica, nulla va perduto o distrutto… ma trasformato.

Quando parlo del trattamento andino, normalmente dico “ispirato alla tradizione andina” in quanto non mi considero un purista. Ho fatto mie quelle conoscenze e le ripropongo al mondo in una forma altamente personalizzata, proprio sulla base delle conoscenze che ho acquisito in tanti anni di studio e, soprattutto, pratica.

Questa penso possa essere la mia ricchezza: una conoscenza profonda e trasversale che mi permette di analizzare le cose da diverse angolazioni, identificando gli strumenti migliori per l’occasione. Mi piace pensare che questa condivisione possa essere un esempio di come le cose si possono integrare quando vi è una conoscenza approfondita alle spalle.

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